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:: Oggi è Lunedì 4 Aprile 2005 ::

- Materie : : : Archeologia

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1. Introduzione
L'Archeologia è la disciplina che studia le civiltà antiche (dal greco archâios, "antico" e logía, "studio", letteralmente "studio del passato"), a partire dalle testimonianze materiali lasciate; la ricerca archeologica si avvale dell’indagine storica e dell’esplorazione sul campo (in particolare dello scavo), e mira a individuare e ricostruire i diversi aspetti – culturali, artistici, materiali, sociali – della vita dei popoli antichi. L’orientamento della disciplina ai suoi albori era eminentemente storico o storico-artistico: lo studio dei reperti era cioè finalizzato a datare la cultura cui appartenevano, oppure doveva servire a evidenziare il grado di raffinatezza estetica o di consapevolezza artistica di una determinata civiltà. Attualmente si è accentuato l’interesse per l’aspetto storico-antropologico della ricerca archeologica: attraverso l’analisi delle tracce reperibili si mira cioè a comprendere il pensiero, i valori e la cultura delle civiltà passate.
Per l'attenzione riservata alle manifestazioni materiali durevoli, lo studio archeologico si è rivolto soprattutto all'antichità; recentemente, tuttavia, la ricerca è stata estesa a periodi più prossimi, quali il Medioevo e l'era industriale dei secoli XVIII e XIX e, sporadicamente, persino a materiali moderni, come i rifiuti urbani e le colline artificiali. La moderna archeologia è collegata a molti altri campi di ricerca. Ad esempio, per stabilire una cronologia, gli archeologi spesso usano metodi di datazione elaborati in altre discipline: la datazione tramite il carbonio 14, propria della fisica nucleare; le tecniche di datazione geologiche (in primo luogo, la stratigrafia); le tecniche per la valutazione dei resti fossili della fauna, proprie della paleontologia. Per ricostruire le abitudini e i modi di vita degli antichi ci si avvale anche di teorie e procedimenti propri di branche di studio quali la sociologia, la demografia, la geografia, l’economia e le scienze politiche.

2. Storia
La storia dell’archeologia è scandita in varie fasi. Ai suoi inizi, collocabili tra il Rinascimento e la fine del XVIII secolo, collezionisti e antiquari raccoglievano antiche opere d'arte e altri oggetti, elaborando intorno al loro significato teorie prive di sistematicità, sovente fantasiose; questa prima attività “dilettantesca” portò tuttavia ad alcune importanti acquisizioni, come la certezza ad esempio che alcune strane formazioni in pietra non erano fenomeni naturali bensì manufatti dell’uomo risalenti a un lontano quanto ignoto passato. All'alba del XIX secolo, tre avvenimenti segnarono l'inizio di una nuova fase: in Inghilterra John Frere scoprì alcune asce del Paleolitico acheuleano in una cava contenente anche ossa di grandi animali estinti, che gli consentirono di datare tali utensili a un periodo remotissimo; in America Thomas Jefferson studiò attentamente la struttura di un tumulo di terra preistorico, in Virginia, alla ricerca di tracce dell’eventuale intervento dell’uomo nella sua formazione; in Danimarca, nel 1807, fu fondato un museo nazionale nel quale venne raccolto materiale antichissimo, classificato dallo studioso danese Christian Thomsen secondo il "sistema delle tre età" (della Pietra, del Bronzo e del Ferro). Verso la metà del secolo, il francese Jacques Boucher de Crèvecoeur de Perthes trovò nei depositi di ghiaia della valle della Somme utensili in pietra inequivocabilmente associati a resti di animali estinti, che portarono alla definitiva accettazione dell'esistenza di esseri umani primitivi.
Tra il XVIII e il XIX secolo, Charles Lyell liberò la disciplina storica dai limiti della cronologia biblica, che faceva coincidere l’origine della Terra con la creazione divina, posta nel 4004 a.C., e racchiudeva l’intera vicenda del pianeta entro un periodo di 6000 anni. Quasi contemporaneamente, la decifrazione dei geroglifici sulla stele di Rosetta e della scrittura cuneiforme persiana dell'iscrizione trilingue di Behistun (rispettivamente opera dell'egittologo francese Jean-François Champollion e dell'orientalista britannico Henry Rawlinson) aprirono la strada allo studio storico e scientifico delle civiltà bibliche.
Una nuova svolta nell’approccio archeologico si verificò nel 1859, quando Charles Darwin e Alfred Russel Wallace pubblicarono le loro teorie sull'evoluzione: la nuova lettura della storia dell’uomo minava la tradizionale concezione del mondo naturale in senso antropocentrico, introducendo inoltre l’idea di uno sviluppo necessario e quasi meccanico anche dei sistemi culturali. Pochi anni più tardi, in Francia furono avviate ricerche fondamentali sul Paleolitico, che culminarono con la classificazione dell'archeologo Gabriel de Mortillet. Nel frattempo si organizzarono importanti scavi nel Medio Oriente e nel mondo classico: in particolare, va ricordata l’attività di esplorazione e studio di Heinrich Schliemann a Troia e in Grecia, che diede impulso alle parallele ricerche statunitensi ad Atene e a Corinto, ai lavori archeologici francesi a Delo e a Delfi, e agli scavi inglesi a Creta e in Egitto. Le tecniche d’indagine progredirono rapidamente, eleborate e subito sperimentate sul campo: di grande rilievo furono da questo punto di vista gli studi sugli insediamenti lacustri nell'Italia settentrionale e in Svizzera, le analisi degli archeologi danesi nell'area del Baltico e gli scavi in Inghilterra (dove vennero riportati alla luce numerosi tumuli, terrapieni e villaggi). In America ebbero inizio le ricerche sulle culture precolombiane della valle dell'Ohio e del Mississippi. 247-drugstore.com

Nuove tendenze
L'inizio del XX secolo vide lo sviluppo degli studi stratigrafici e la messa a punto delle tecniche di scavo: fondamentali furono le esperienze di alcuni pionieri, come l'egittologo britannico William Matthew Flinders Petrie e l'archeologo tedesco Robert Johann Koldewey (responsabile e direttore di un importante scavo a Babilonia). L'etnologo tedesco Max Uhle ricorse a tecniche stratigrafiche per analizzare diversi tumuli in California e in Perù, riuscendo a stabilire una cronologia relativa. Tra le due guerre mondiali grandi progetti furono realizzati nel Mediterraneo orientale e nel Medio Oriente: gli archeologi Leonard Woolley a Ur, Arthur Evans a Cnosso, James Breasted a Megiddo, Howard Carter in Egitto, André Parrot a Mari e Claude Schaeffer a Ugarit portarono alla luce inestimabili tesori. Nel campo dell'archeologia classica gli scavi forse più importanti furono quelli statunitensi nell'agorà di Atene. Nello stesso tempo si svilupparono ulteriori metodi di ricerca, quali la fotografia aerea, utile per la scoperta e lo studio dei siti, e l'esame dei pollini, validissimo ausilio per la ricostruzione della vegetazione antica.
Poco dopo la seconda guerra mondiale, si dovette all'americano Willard Libby l’ultima grande rivoluzione nel campo dell'archeologia, con l'invenzione della tecnica di datazione dei materiali organici tramite il carbonio radioattivo. Tale sistema fornì per la prima volta una cronologia scientificamente attendibile dell'epoca preistorica.
I metodi di scavo e di interpretazione dei reperti proposti a partire dal 1945 da André Leroi-Gourhan per i siti archeologici francesi di Arcy-sur-Cure e di Pincevent, così come la scuola nordamericana della New Archaeology negli anni Sessanta (nella quale si distinse Lewis Binford) hanno rappresentato nuovi importanti passi in avanti nella storia della disciplina. Si affermò la concezione secondo cui l’archeologia deve andare oltre l'analisi e la classificazione dei manufatti, per tentare di formulare leggi attraverso le quali comprendere i cambiamenti culturali. La nuova impostazione teorica si appoggiò alle teorie evolutive e postulò un approccio interdisciplinare all’evento archeologico, nel quale avessero grande rilevanza le tecniche di analisi computerizzata e la tassonomia.
Negli anni Settanta, alcuni archeologi del Vecchio Mondo riconobbero che la cronologia preistorica europea, basata sulla datazione con il carbonio 14, era scorretta a causa di difetti metodologici. Fu quindi elaborata una diversa cronologia, che rivoluzionò in parte le teorie sullo sviluppo della cultura preistorica: si ipotizzò ad esempio per la prima volta che progressi culturali fondamentali, quali la lavorazione del metallo, non si fossero irradiati solamente dalla regione mediorientale, come si credeva in passato, ma avessero avuto probabilmente numerosi centri di sviluppo.
Negli ultimi anni del Novecento si sono coniugate le esigenze della ricerca archeologica, soprattutto in Nord America, Australia e Nuova Zelanda, con il rispetto della cultura delle popolazioni indigene, per le quali ad esempio il disseppellimento dei corpi e dei corredi funerari cozza contro importanti precetti religiosi.

3. Metodi e Tecniche
Il lavoro dell'archeologo si distingue in varie fasi successive: raccolta dei dati; descrizione e analisi preliminare; interpretazione.

Raccolta dei dati
La ricerca sul campo è preceduta dalla consultazione della letteratura esistente: testi antichi, studi storici, geologici e ambientali sull'argomento, cui fanno seguito sopralluoghi tesi a localizzare siti per la raccolta del materiale. In passato molte delle scoperte erano del tutto fortuite, a seguito di ricerche storiche compiute senza validi ausili scientifici e faticose esplorazioni a piedi; da questo punto di vista, un grande passo in avanti coincise con l’introduzione della fotografia aerea, intorno al 1950. Dagli anni Settanta si sono moltiplicate le tecniche di ricognizione e studio del terreno, alcune delle quali molto sofisticate, fondate ad esempio sull’uso del radar, di sensori a raggi infrarossi, di misuratori della resistività elettrica, di magnetometri protonici e di strumenti posti su satelliti; nel campo dell'archeologia sottomarina, il sonar e gli apparecchi elettronici hanno aumentato enormemente le possibilità di reperire relitti di navi. Lo scopo di questa fase della ricerca è trovare siti in cui la stratificazione del materiale permetta di stabilire una chiara cronologia, e la presenza di informazioni contestuali consenta di ricostruire un sistema culturale per ciascun livello.
La raccolta dei dati avviene innanzitutto attraverso lo scavo. In passato lo sviluppo cronologico veniva dedotto rimuovendo, ove possibile, gli strati sovrapposti, mentre oggi si dispone di molti strumenti in grado di fornire datazioni relative o assolute di siti anche non stratificati. Per formulare osservazioni contestuali bisogna poi dedicare particolare attenzione alla dislocazione di ciascun manufatto e di ogni materiale organico conservato, nonché alle caratteristiche ambientali. Per definire l'ecosistema si effettuano ricerche zoologiche, botaniche, geologiche e climatiche.

Descrizione e analisi preliminare
Le analisi di laboratorio e la descrizione dei reperti solitamente seguono la raccolta dei dati, sebbene uno svolgimento simultaneo delle due operazioni possa far progredire notevolmente gli scavi, rivelando, ad esempio, vuoti nella cronologia e indicando dove sarebbero necessari ulteriori dati. Tuttavia, le analisi più importanti vengono eseguite a posteriori e riguardano due ambiti: cronologico (datazione relativa o assoluta) e contestuale (lettura dei dati nel loro contesto culturale).

Ricostruzione della cronologia
Sebbene il ricorso alle più avanzate tecniche di datazione possa portare a distinzioni molto sottili, la successione cronologica è fondamentalmente determinata dalla sequenza dei manufatti nei vari strati; quando questi mancano, la stratigrafia costituisce senza dubbio il miglior metodo per ricostruire la cronologia relativa, e talvolta anche per individuare l'età geologica dei singoli strati, prendendo in esame i fossili animali e i resti vegetali (ad esempio il polline) in essi presenti. In alcuni casi si può identificare una cronologia assoluta attraverso la datazione con il carbonio 14, la dendrocronologia, la termoluminescenza, l'archeomagnetismo, l'esame spettrografico della massa e gli acceleratori di particelle.

Definizione del contesto culturale
Seguono generalmente la fase della definizione cronologica le ricerche che mirano alla ricostruzione dei contesti culturali e ambientali. Ciascun manufatto viene considerato come risultato di un'attività umana: lo sforzo degli archeologi si rivolge dunque a cercare di comprendere quale fosse il significato pratico o simbolico di ciascun oggetto e quale ruolo avesse nella cultura del tempo la sua produzione. I dati raccolti possono rivelare dove fu reperito il materiale utilizzato per produrre il manufatto e suggerire quindi una relazione tra la civiltà cui appartiene e l'ecosistema. I resti dei pasti forniscono indicazioni sullo stile di vita delle genti che li hanno lasciati, sulla flora e la fauna di quella regione, sulla stagionalità degli insediamenti umani, sugli scambi con altri popoli; mentre il modo di seppellire i morti, il contenuto delle tombe, i focolari e le vestigia architettoniche offrono informazioni intorno alle antiche attività religiose, al sistema delle parentele, ai ceti sociali.

4. Interpretazione
Dopo aver definito le cronologie relative e ricostruito i contesti culturali cui appartenevano i reperti raccolti, l'archeologo tenta di delineare l’avvicendarsi di culture e di ecosistemi in aree o regioni in rapporto fra loro. Lo scopo è individuare con chiarezza i processi e i cambiamenti materiali e culturali e cercare di risalire alle cause del cambiamento culturale. In altri termini, si cerca non solo di capire come tale cambiamento sia avvenuto, ma di ipotizzarne le cause.

5. Le Testimonianze Archeologiche
I principali monumenti antichi e i siti archeologici più famosi, oggi apprezzati da turisti e studiosi di ogni paese, sono stati scoperti negli ultimi due secoli e rappresentano le più importanti conquiste dell’archeologia mondiale.

Medio Oriente
Da quando sono state avviate ricerche archeologiche sistematiche, il Medio Oriente, dalla Mesopotamia all'Egitto, è stato una delle principali aree di indagine e forse quella che ha fruttato i più ricchi ritrovamenti.

Mesopotamia
Le esplorazioni archeologiche in Mesopotamia cominciarono con le ricerche condotte a Babilonia (1812) e Ninive (1820) dal viaggiatore inglese James Rich. Stimolati dai suoi resoconti e finanziati dai rispettivi governi, il console francese Paul-Emile Botta e, qualche anno dopo, l'esploratore inglese Austin Layard intrapresero scavi a Ninive, il primo, e nella vicina Khorsabad (1843-1845) e a Nimrud (l'antica Calah, in Iraq), il secondo. L’archeologo Henry Rawlinson riuscì a decifrare la scrittura persiana e insieme con Edward Hincks e altri studiosi diede un contributo fondamentale alla traduzione della scrittura cuneiforme assiro-babilonese: il contenuto delle iscrizioni su pietra e delle migliaia di tavolette d'argilla trovate a Ninive rese possibile ricostruire la storia dei regni. Furono rinvenuti grandi palazzi decorati da lunghissime file di bassorilievi, che dimostrarono inequivocabilmente la potenza dei re assiri, di cui in precedenza si aveva soltanto qualche notizia grazie ai cenni sparsi nella Bibbia e nei testi degli scrittori greci.
Gli scavi condotti dal 1949 al 1963 dagli archeologi britannici a Nimrud portarono alla luce centinaia di pannelli d'avorio finemente intagliati (che si rivelarono poi essere decorazioni per mobili), saccheggiati dagli eserciti assiri. Un'équipe tedesca scavò tra il 1903 e il 1913 attorno alle rovine della capitale assira, Ashur, recuperando le vestigia di templi e palazzi in mattoni costruiti tra il III millennio a.C. e il III secolo d.C. Tali scoperte consentirono di ricostruire la cultura dell'antica Assiria, evidenziandone inoltre la dipendenza da Babilonia; ulteriori informazioni storiche vennero dalle numerose iscrizioni rinvenute. Un'altra équipe tedesca, guidata da Robert Koldewey, si dedicò tra il 1899 e il 1914 agli scavi intrapresi a Babilonia, individuando infine la pianta della città all'apice della potenza sotto Nabucodonosor II; tornarono alla luce la splendida porta di Ishtar, ricoperta di mattonelle vetrificate e animali mitologici a rilievo, il tempio di Marduk, il palazzo reale, le mura e un ponte che attraversava l'Eufrate.
Nel 1877 il console francese Ernest de Sarzec trovò splendide statue del re sumero Gudea (2144-2124 ca. a.C.) nell'antica città di Lagash (l'attuale Al-Hiba, in Iraq), testimonianza dell'alto livello della cultura locale fiorita nel periodo intorno al 2130 a.C. Questo ritrovamento risvegliò l'interesse per la civiltà sumerica. Le ricerche condotte da un'équipe statunitense a Nippur (Iraq) nel 1887 portarono alla luce migliaia di tavolette cuneiformi, che risultarono essere composizioni letterarie; Leonard Woolley scoprì a Ur (1922-1934) tombe riccamente arredate appartenenti a re sumeri (2500 ca. a.C.) e abitazioni (1800 ca. a.C.); a Mari (l'attuale Tell Hariri, in Siria) sul medio Eufrate, l'archeologo francese André Parrot dissotterrò un grande palazzo del 1800 a.C., oltre a edifici e sculture del III millennio. Le scoperte tedesche a Uruk (l'attuale Warka), a partire dal 1928, rivelarono la perizia di architetti e artigiani della regione attorno al 3500 a.C., e portarono all’attenzione degli studiosi la più antica scrittura conosciuta. I risultati delle ricerche condotte dopo la seconda guerra mondiale hanno continuamente arricchito la conoscenza della storia mesopotamica, e in particolare della sua fase più antica, tra il 6000 e il 3000 a.C., alla quale risalgono i primi insediamenti babilonesi.
Gli scavi archeologici nei territori degli imperi partico e sasanide (250 a.C. - 650 ca. d.C.) hanno portato alla luce palazzi e templi a Hatra, Ctesifonte e Kish; mentre le ricerche in siti islamici, come Samarra e Wasit, sono sfociate nel restauro delle strutture architettoniche antiche.

Egitto
L'interesse scientifico per la civiltà dell'antico Egitto cominciò in seguito alla campagna di Napoleone del 1798, grazie ai rinvenimenti degli studiosi portati con sé dall’imperatore francese: a loro si deve la scoperta della stele di Rosetta (1799), un blocco di basalto nero, attualmente al British Museum, recante un'iscrizione redatta in geroglifici, in scrittura demotica e in caratteri greci, che costituì la chiave fondamentale per decifrare i geroglifici egiziani (vi si dedicò, a partire dal 1822, Jean-François Champollion). Tra gli egittologi che giunsero a rilevanti scoperte nella prima metà dell’Ottocento si distinsero l’italiano Giovanni Battista Belzoni e il tedesco Karl Lepsius; presto tuttavia la frenetica attività di ricerca sui monumenti egiziani, condotta senza una supervisione generale, portò alla distruzione e al saccheggio di molti siti, e all’appropriazione indiscriminata di manufatti, destinati al collezionismo pubblico e privato. Nel 1858 fu fondato il Museo egizio del Cairo, e si iniziò a disporre norme precise per organizzare e controllare gli interventi archeologici. A partire dal 1880 Flinders Petrie avviò scavi sistematici e propose sistemi di interpretazione più rigorosi e coerenti.
Nella prima metà del XX secolo l'Egitto restituì un gran numero di tesori rimasti sepolti per millenni, imponendosi, per l'eccezionalità stessa degli oggetti, all'attenzione di un vasto pubblico non specialistico (basti pensare alle vicende che ebbero protagonista Howard Carter). Dal 1960 le esplorazioni nel Sud del paese localizzarono siti in cui popolazioni del tardo Paleolitico avevano coltivato l'orzo: si trattava del più antico esempio di agricoltura sul fertile suolo del Nilo. Gli scavi di Petrie (1894-95), che rivelarono 3000 tombe a Naqada, permisero di far luce sul periodo immediatamente precedente l'inizio del periodo arcaico o dinastico antico (3100 ca. a.C.); studi successivi evidenziarono le differenze tra la cultura del Sud e quella del Nord, soggetta quest’ultima a influenze dell'Asia occidentale, che stimolarono progressi nella produzione di ceramica e nella lavorazione del metallo.
Risalgono al 3000 a.C. alcuni importanti reperti rinvenuti nel corso di varie spedizioni archeologiche: si segnalano per la ricchezza di informazioni di cui sono latori una serie di tavole in ardesia per cosmetici che recano incisioni con scene di battaglia e di caccia, alcune teste di mazza e impugnature in avorio e pietra che rivelano legami con altre culture del Vicino Oriente; anche i più antichi geroglifici scoperti datano a quest’epoca. Con l’affermarsi delle dinastie regnanti appaiono le prime tombe riccamente arredate, delle quali splendidi esempi sono visibili nelle necropoli di Naqada, Abido e Saqqara. Le grandi tombe in mattoni (mastaba) di Saqqara furono gradatamente sostituite da piramidi in pietra, dapprima a gradoni, poi rivestite di blocchi lisci (come quella di Cheope a Giza); sebbene siano stati depredati dei loro tesori molto tempo fa, questi monumenti testimoniano ancora la perizia degli scalpellini e l'alto livello raggiunto dall'ingegneria del tempo.
A lungo l'archeologia dell'antico Egitto si concentrò su tombe e templi, sia perché quasi tutti i siti di antiche città corrispondono ancora a grossi insediamenti umani, sia perché le sepolture si trovano perlopiù nel deserto, dove il clima secco ha contribuito a una migliore conservazione dei materiali. Statuette in legno raffiguranti persone impegnate in attività domestiche, dipinti, incisioni parietali e utensili trovati nelle tombe permettono attualmente di avere un quadro abbastanza completo della vita nell'antico Egitto nei primi due millenni della sua storia. Eccezionale fu il ritrovamento della tomba del faraone Tutankhamon (XIV secolo a.C. ca. a.C.), certamente la più ricca: la maggior parte dei suoi tesori è oggi esposta al Museo egizio del Cairo.
Nei pressi delle tombe reali nella Valle dei Re è stato riportato alla luce un villaggio dove vissero generazioni di intagliatori di pietra e artigiani: nelle case sono stati trovati cocci di ceramica e schegge di pietra recanti appunti sulle tecniche di intaglio, sulla composizione dei pasti e sulle credenze religiose. Ad Akhetaton (l'attuale Tell el-Amarna), fatta costruire tra il 1350 e il 1334 a.C. dal faraone Akhenaton, il ritrovamento fortuito di circa 400 tavolette d'argilla scritte in babilonese richiamò nel 1887 l'attenzione sul sito: le tavolette si rivelarono essere lettere riguardanti le relazioni con il Medio Oriente tra il 1375 e il 1330 a.C., a conferma della fervida attività commerciale e della floridezza dell’antica città, della quale vennero portate alla luce numerose abitazioni comuni e alcune residenze aristocratiche riccamente decorate. Risalgono allo stesso periodo i numerosi ritratti della regina Nefertiti, il più noto dei quali, una testa, è conservato agli Staatliche Museen di Berlino.
Quando alla fine dell’Ottocento fu portato alla luce a Tanis il tempio di Ammone, gli archeologi (tra i quali si distinsero in un primo tempo il francese Auguste Mariette, quindi l’egittologo britannico Flinders Petrie) scoprirono tra le rovine un gran numero di pietre con inciso il nome del faraone Ramesse II: il rinvenimento fece ipotizzare che là fosse ubicata l’antica Pi-Ramesse, la città dove vissero il faraone e i suoi successori. Successivi scavi rivelarono invece che quelle pietre dovevano far parte di monumenti eretti altrove, riutilizzate per i monumenti eretti a Tanis tra l'XI e l'VIII secolo a.C., quando la città fu per qualche tempo capitale. Recenti ricerche hanno suggerito che il luogo di provenienza fosse Qantir, 29 km più a sud, dove il faraone doveva certamente avere un palazzo: Qantir fu infatti poi identificata come il sito di Pi-Ramesse.

In varie tombe di faraoni è stato rinvenuto vasellame miceneo, che prova la presenza in Egitto di mercanti, mercenari e forse anche turisti provenienti dall’area egea a partire dal VII secolo a.C. Dopo la conquista dell’Egitto da parte di Alessandro Magno, la lingua greca cominciò a sostituirsi all’egiziano, come dimostrano migliaia di papiri trovati nelle città intorno al lago Fayyum (Birket Qârûn), presso Il Cairo. Oltre a fornire informazioni interessanti sulla vita del tempo, questi documenti includono anche alcune delle più antiche copie di testi greci e della Bibbia.
Recentemente sono stati rinvenuti nell’oasi di Farafra, 460 km a sudovest del Cairo, i resti di un villaggio preistorico che secondo gli archeologi datano a circa 10.000 anni fa: se questa stima è corretta, si tratta del più antico sito abitativo finora ritrovato.

Siria, Palestina, Giordania
La regione compresa tra Palestina, Giordania e Siria è archeologicamente molto importante, in quanto vi si trovano i resti di insediamenti umani fra i più antichi di cui si siano conservate tracce. Sul monte Carmelo e nel deserto della Giudea sono state rinvenute caverne del Mesolitico e siti terrazzati della cultura natufiana (10.800-8500 ca. a.C.); la medesima cultura è rappresentata anche dalle case riportate alla luce a Eynan (Ain Mallaha), nell'alta valle del Giordano, e da alcune rovine a Gerico. Il passaggio dal Mesolitico al Neolitico fu segnato dal sorgere delle prime comunità agricole, come quella di Mureybet sull'Eufrate, scoperta negli anni Sessanta e Settanta. In alcuni siti sono state trovate maschere funerarie d'argilla, sotterrate sotto il pavimento delle case.
I rinvenimenti di ceramiche a uso domestico testimoniano delle importanti acquisizioni tecniche che caratterizzarono il Neolitico; durante questo periodo gli impulsi culturali maggiori nell’area mediorientale provennero dal Nord e dall'Est, come dimostrano i siti di Ghassul nella valle del Giordano e i risultati degli scavi nei pressi di Beersheba (Palestina). Risalgono alla prima età del Bronzo importanti rovine scoperte a Biblo, nell’attuale Libano, e, in Palestina, a Tell el-Farah e a Gerico: si tratta di resti di antiche città, tutte circondate da mura con torri quadrate o semicircolari. Il magnifico palazzo in mattoni di Ebla data alla fine di questo periodo: gli archivi reali – costituiti da tavolette d'argilla incise a caratteri cuneiformi in una lingua semitica e in sumerico – gettano ampia luce sulla storia siriana dal 2500 al 2200 a.C., mentre sigilli cilindrici e intagli su pietra, legno e conchiglie attestano l'alto livello della produzione artistica a Ebla.
Dopo un periodo di declino, attribuito da molti studiosi alle invasioni degli amorrei, le città mediorientali rifiorirono tra il 1900 e il 1200 a.C. Gli scavi francesi avviati nel 1929 a Ugarit hanno portato alla luce uno dei principali centri della regione, che intratteneva scambi commerciali con la Grecia, Creta e Cipro, confermati dalla presenza di ceramiche, e frequenti rapporti con l'Egitto e Babilonia. Mentre per redigere testi in geroglifici egizi gli scribi utilizzavano il papiro, le lingue babilonese e urrita venivano trascritte in alfabeto cuneiforme su tavolette d'argilla. L’idioma di Ugarit (vedi Lingue semitiche) era scritto in un alfabeto di trenta segni, databile intorno al 1400 a.C., a tutt’oggi il più antico alfabeto conosciuto: fu impiegato per documenti di diverso tipo, sacri e profani.
Resti di costruzioni bruciati e variamente danneggiati provano la distruzione di Ugarit e di altre città della tarda età del Bronzo (XII secolo a.C.), a opera di invasori che le fonti egizie chiamano "popoli del mare", tra i quali è stata ipotizzata la presenza dei filistei. Le civiltà della successiva età del Ferro sono state studiate in modo assai più approfondito in Palestina che in Siria: una spedizione danese negli anni Trenta del Novecento ha scoperto a Hamth (Hamath) sull'Oronte una cittadella distrutta dagli assiri nel 720 a.C., mentre scavi britannici a Karkemish, al confine tra Siria e Turchia, hanno portato alla luce tra l’altro una statua neoittita che risale probabilmente al IX secolo a.C.
In Siria e in Palestina, edifici monumentali di età ellenistico-romana, ancora perfettamente conservati, hanno a lungo richiamato l'attenzione degli studiosi. A Petra, la capitale dei nabatei (in Giordania), tombe scavate nella roccia mostrano decori scultorei e architettonici in uno stile ibrido greco-orientale; la medesima commistione di motivi ritorna anche negli edifici di Palmira, importante centro dei commerci in Siria, dove scavi estensivi hanno portato alla luce, come in altre città della zona, la pianta urbanistica romana. Per quanto riguarda i rinvenimenti archeologici di età più recenti, splendidi sono i mosaici scoperti in costruzioni tardoromane, nelle chiese bizantine, nelle sinagoghe e negli edifici islamici. La Grande Moschea di Damasco, sorta sul sito di un tempio romano e di un'antica cattedrale cristiana, ha un cortile decorato con mosaici figurativi molto articolati nel programma iconografico. Raffinati esempi della più antica architettura musulmana si trovano nella villa omayyade (740 ca. d.C.) di Khirbet al-Mafjar, vicino a Gerico, e nei castelli nel deserto siriano. Gli scavi, patrocinati da enti governativi di Siria, Libano, Giordania e Israele, continuano a fruttare nuove scoperte.

Altre regioni del Medio Oriente
In Turchia fu condotto uno dei più celebri scavi archeologici moderni, quello di Heinrich Schliemann a Troia. I gioielli d'oro ivi rinvenuti, così come le notevoli lamine auree delle necropoli di Alaca Hüyük, dimostrano la perizia delle popolazioni anatoliche della prima età del Bronzo. Notevole impulso alle ricerche venne dalla scoperta di Hattusa (l'attuale Boğazköy, a est di Ankara), capitale dell'impero ittita. Scavi tedeschi, avviati nel 1906, hanno portato alla luce una città fortificata in cui si ergevano grandi palazzi e templi, e rinvenuto migliaia di tavolette d'argilla recanti testi ittiti. Molto più antica di Troia è Çatal Hüyük, dove le ricerche archeologiche (1961-1965) hanno provato la presenza di allevatori e agricoltori nel Mesolitico e nel Neolitico: caratteristiche erano le case di queste popolazioni, piuttosto piccole e con l'accesso dal tetto, e i numerosi tempietti decorati con rilievi della dea-madre e figure di animali, o pitture parietali raffiguranti scene di caccia.
L'Arabia è paese archeologicamente poco conosciuto. Selci del Paleolitico sono state ritrovate in diversi luoghi, ma scarso è il materiale rinvenuto che risale a un periodo precedente a quello della ceramica di tipo Ubaid mesopotamico (4000 ca. a.C.). Le testimonianze più significative della storia antica della regione datano a ben 3000 anni più tardi, quando le città sudoccidentali si arricchirono grazie al commercio di incenso. Scavi ad Aden e nello Yemen hanno portato alla luce templi in pietra, con iscrizioni in arabo del Sud e oggetti in metallo, prove degli scambi con Roma e l'India.

Europa
La sequenza di periodi preistorici e storici noti come Neolitico, età del Rame, del Bronzo e del Ferro descrive l'evoluzione della civiltà europea in base al materiale più usato nel corso di ciascuna era. Si tratta di un'evoluzione che si realizzò con un ritmo più rapido e attraverso modalità particolari nell'area greco-egea rispetto al resto dell'Europa. La storia di quest'area è utilizzata per stabilire la cronologia dell'Europa antica, dove l'età del Bronzo durò dal 2000 al 700 ca.a.C.

Grecia
Le ricerche archeologiche in Grecia si sono concentrate sui reperti risalenti all'età del Bronzo, anche se non hanno trascurato fasi anteriori (vedi Civiltà dell'Egeo; Civiltà minoica). Le testimonianze artistiche dell'età del Ferro, che in Grecia seguì il crollo della civiltà micenea, si classificano normalmente riconducendole a cinque periodi fondamentali: protogeometrico (1100-900 ca. a.C.) e geometrico (900-600 ca. a.C.), così chiamati dallo stile della ceramica; arcaico (600-475 ca. a.C.), così denominato dallo stile che ne caratterizza la produzione artistica; classico (475-323 ca. a.C.), caratterizzato da risultati così alti nell'ambito dell'arte, dell'architettura e della letteratura (vedi Arte greca; Letteratura greca) da divenire punto di riferimento "classico" per tutta la civiltà occidentale; ellenistico (323-31 ca. a.C.), che vide la diffusione della cultura greca nel Mediterraneo centrale e orientale in seguito alle conquiste di Alessandro Magno e dei suoi successori.
La collocazione geografica dei resti archeologici dei periodi protogeometrico e geometrico interessa tutta la Grecia attuale e la costa ionica dell'Asia Minore. Verso la fine del geometrico e durante il periodo arcaico le città-stato (vedi Grecia antica), spinte dalla necessità di avere nuovi sbocchi commerciali e forse anche di trovare nuove sedi per una popolazione in continua crescita, fondarono colonie in Sicilia, nell'Italia meridionale (la Magna Grecia) e nella regione del Mar Nero. La cronologia dell'intero periodo è stata ricostruita confrontando il materiale trovato negli scavi, in particolare in Sicilia e in Magna Grecia, con le date di fondazione delle colonie citate da fonti letterarie. Per le date fondamentali dei periodi successivi fanno fede soprattutto le fonti letterarie, più numerose e più attendibili. Mentre il fulcro della civiltà greca arcaica e classica era rappresentato dai principali centri della Grecia continentale, soprattutto da Atene, Sparta e Corinto, nel periodo ellenistico esso si spostò alle estremità orientali e occidentali dell’area soggetta al dominio o all’influenza commerciale e culturale greca, grazie allo sviluppo di città come Efeso, sulla costa dell'Asia Minore, Alessandria, in Egitto, Siracusa, in Sicilia, e Roma.
Recenti scavi a Creta hanno restituito abbondante materiale risalente alla prima età del Ferro, per la quale mancano fonti scritte. In Sicilia e nell'Italia meridionale è stato portato alla luce vasellame che mostra in modo chiaro le relazioni culturali e gli scambi materiali che intercorrevano tra le popolazioni locali e la Grecia a partire dalla tarda età del Ferro; particolarmente abbondante è la ceramica proveniente da Atene e da Corinto. Si deve tuttavia ad Atene il maggior contributo per la conoscenza archeologica della Grecia, grazie all’abbondanza di rinvenimenti, che includono sculture, statuette fittili, ceramica, gioielli, monete, utensili e opere architettoniche. Altri siti esplorati a fondo sono Corinto e Sparta, potentissime città-stato, Olimpia e Delfi; importantissimi sono i grandi santuari scoperti da archeologi tedeschi e francesi a partire dal tardo XIX secolo, e, più recentemente, le vaste necropoli intorno a Vergina e la città di Pella, dove si sono potute raccogliere numerose informazioni sul processo storico che portò alla supremazia macedone.

Roma
Le ricerche archeologiche a Roma hanno portato a suddividere la storia della città in diverse fasi: l'età del Ferro, corrispondente in Italia a un periodo compreso tra il 1100 e il 700 a.C.; il periodo arcaico, in cui a Roma vigeva la monarchia (durato fino al 510 a.C.); il periodo repubblicano, che si fa terminare convenzionalmente nel 27 a.C.; l'impero, instaurato con Ottaviano Augusto. Per secoli l'attenzione degli studiosi si è concentrata sulle rovine della Roma imperiale; ma le campagne di scavo del XX secolo hanno portato alla luce importanti testimonianze dell'età del Ferro e dell'età repubblicana. Sul colle Palatino sono stati trovati i resti del primitivo insediamento nell’area, da cui si originò la città che seppe spodestare gli etruschi dal controllo sull'Italia centrale. La crescente importanza di Roma è testimoniata dai monumenti ritrovati, in cui si riconosce uno stile architettonico che unisce motivi provenienti dal mondo greco con forme locali. Uno dei più importanti contributi di Roma alla storia dell'architettura fu l'invenzione del calcestruzzo, che permise di affiancare al tradizionale sistema trilitico colonna-architrave strutture coperte da volte e cupole (si pensi al Pantheon).
Le testimonianze più interessanti del periodo tra la tarda repubblica e l'inizio dell'impero provengono da Pompei e da Ercolano, le città a sud di Napoli sepolte dall'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Scoperte nel XVIII secolo e tuttora oggetto di scavi, esse forniscono preziose informazioni su ogni aspetto della vita quotidiana degli antichi romani; grazie alla ricchezza degli affreschi di Pompei è possibile inoltre una classificazione cronologica della pittura romana. Le indagini archeologiche hanno mostrato, nonostante le differenze regionali, la sorprendente omogeneità e coerenza che caratterizza l’urbanistica in tutto il territorio dell'impero: la città romana ha sempre struttura a griglia, derivata dalla pianta dell’accampamento militare; è inoltre ricca di numerosi edifici pubblici, che comprendono la basilica (edificio rettangolare coperto adibito all’amministrazione della giustizia o ad attività commerciali), templi su piattaforme rialzate, enormi edifici termali, palestre, stadi, teatri, biblioteche, mercati all'aperto e al coperto, oltre all’acquedotto e al sistema fognario. I risultati delle ricerche archeologiche hanno consentito di ricostruire la storia della società romana sino alla fine dell'antichità e agli inizi del Medioevo. Vedi anche Arte romana.

Altre aree europee
Durante il Neolitico e l'età del Bronzo si affermarono in Europa l'agricoltura e l'allevamento, ed emersero culture locali diversificate. Mancando testimonianze scritte, l'identificazione di queste civiltà rimane piuttosto problematica. I nomi usati dagli autori antichi per designare le popolazioni loro coeve sono tuttora in uso: si indicano come celti gli abitanti dell'Europa occidentale, come germani i popoli dell'Europa centrale, come sciti i gruppi etnici stanziati nelle steppe della Russia meridionale tra i Carpazi e il Caucaso. L'architettura di questi popoli, compresa quella a carattere difensivo, era in legno e perciò non si è conservata; la pittura e la scultura pare fossero quasi assenti, mentre i reperti archeologici mostrano la grande abilità raggiunta nella lavorazione del metallo alla fine del I millennio a.C.
Gli archeologi fanno cominciare con la cultura di Hallstatt (750-450 ca. a.C.) la prima fase della civiltà dell'età del Ferro nell'Europa centrale e sudoccidentale. Gli scavi hanno rivelato elaborate sepolture a tumulo con ricchi corredi funerari (ciotole, gioielli, armi in metallo, oggetti di lusso provenienti dalla Grecia, persino carri). Tali tesori dimostrano l’esistenza di un’aristocrazia desiderosa di esibire il proprio potere, in una società stratificata avviata verso un'economia mercantile complessa. Lo stadio successivo, che interessò l'Europa centrale e nordoccidentale, prende il nome di cultura di La Tène (450-58 ca. a.C.), dal lago svizzero dove fu scoperto un gran numero di armi, utensili e gioielli. Interessanti sono su questi reperti i motivi ornamentali astratti e curvilinei, in parte derivati da prototipi mediterranei, e le forme zoomorfe ispirate all'arte scita: una commistione di forme che precorre lo stile "barbarico" dei primi secoli dell'era cristiana.

Asia
Mentre in alcune regioni asiatiche importanti ricerche archeologiche furono avviate già più di un secolo fa, altre aree restano a tutt’oggi archeologicamente sconosciute.

Asia sud-occidentale
I primi stanziamenti umani nel subcontinente indiano si devono probabilmente a genti provenienti da nord-ovest, giunte fin qui attraverso l'altopiano iranico, oppure a popolazioni migrate dall'Africa. I più antichi resti umani, rappresentati da un frammento di teschio di Homo erectus trovato nella valle del fiume Narmada (India centrale), parrebbero risalire a oltre 300.000 anni fa. L'India e l'Asia sudorientale rappresentano l'estremità orientale dell’area interessata dai cambiamenti del periodo acheuleano, estesa dall’Europa all’Africa al Vicino Oriente. Nei principali siti archeologici sono stati riportati alla luce numerosi attrezzi in pietra, asce, mannaie e schegge usate per tagliare e raschiare; scarsi sono invece i resti animali e vegetali, nonostante questi popoli fossero indubbiamente cacciatori-raccoglitori. I siti settentrionali, dove non sono state trovate asce, hanno offerto testimonianze della cultura soaniana. Il Paleolitico medio e superiore vide lo sviluppo culturale di tutta l'Asia meridionale: poco si sa tuttavia sull’organizzazione delle civiltà che presero forma allora, perché scarseggiano siti abitativi e dati ambientali; si ipotizza tuttavia che le tecniche del Paleolitico siano state adottate fino al 10.000 a.C. e forse anche oltre.
Circa 25.000 anni fa i progressi nella lavorazione della pietra portarono alla produzione di piccoli utensili di forma geometrica (microliti) usati per tagliare, raschiare, forare e incidere, rinvenuti sia in accampamenti provvisori sia in insediamenti stagionali. I resti di costruzioni risalenti a questo periodo variano regionalmente: ben poco è rimasto delle tende e delle capanne in legno o bambù, con il tetto di paglia e fango. Disponiamo invece di reperti risalenti al 5000 a.C., rinvenuti nella valle del Gange: si tratta perlopiù di ceramiche, bracciali e anelli. La presenza di utensili in ferro in insediamenti di cacciatori-raccoglitori di età successive, come a Langhnaj, vicino ad Ahrnadabad, indica relazioni con società più progredite sul piano tecnologico e sociale; ci sono inoltre prove di coltivazioni di riso a Koldihwa (valle del Gange) anteriori al 5000 a.C. A Mehrgarth, vicino a Sibi (Pakistan), in un antico villaggio con costruzioni in mattoni anteriori al 6500 a.C., sono stati trovati resti di grano e orzo e di animali domestici, oltre a testimonianze di un’attività artigianale che produceva cesti, ornamenti personali di pietra e rame e, dopo il 5000 a.C., ceramiche; molti oggetti sono stati rinvenuti nelle tombe, situate all'interno dei villaggi.
All'inizio dell'età del Bronzo (qui collocata tra il 5000 e il 2500 a.C.) emersero nelle regioni nordoccidentali gruppi di agricoltori delle culture Amri, Sothi e Kot Diji (così nominate sulla base dei siti archeologici, tutti in Pakistan), che vivevano in piccoli villaggi di mattoni e intrattenevano scambi commerciali con altre comunità. Ciascun gruppo aveva un proprio stile ceramico e produceva oggetti in pietra, osso, conchiglia e metallo. Sebbene questi manufatti presentino elementi in comune con i reperti della civiltà della valle dell'Indo, non abbiamo prove che dimostrino un effettivo legame storico tra le due culture. Tra il 2500 e il 1700 a.C. si sviluppò la civiltà della valle dell’Indo, conosciuta anche come cultura di Harappa dal nome dell'antica omonima città. Un altro grande centro fu rappresentato da Mohenjo-Daro, a sud dell'odierna Larkana, in Pakistan, scoperto dagli inglesi negli anni Venti. Queste città testimoniano di una comune cultura, espressa in manufatti simili: ceramiche rosse con motivi neri, gioielli, utensili in metallo e sigilli recanti iscrizioni non decifrate. Tutti gli insediamenti presentano edifici pubblici e una disposizione urbanistica regolare, sebbene manchino testimonianze certe di templi, palazzi e necropoli. Dopo il 2000 a.C., una serie di cambiamenti climatici provocò l'abbandono di numerosi insediamenti, soprattutto urbani, a favore di piccoli centri agricoli più a est, nella valle dell’Indo, e a sud-est, nella regione di Gujarat. Sebbene si abbia notizia di alcuni grandi insediamenti della fase tarda di questa cultura, non sono ancora stati condotti scavi archeologici.
I reperti che risalgono alla fase successiva, caratterizzata dall'emergere di un'organizzazione statale, sono costituiti da utensili in ferro e due nuovi tipi di ceramica: la ceramica grigia dipinta (1100-300 a.C.) e la ceramica nera lucida del Nord (500-100 a.C.), prodotta nel periodo in cui fu fondato l'impero Maurya. Vedi anche Arte indiana.

Cina
Nella caverna di Zhoukudian, presso Pechino, sono stati trovati frammenti di scheletro di Homo erectus databili a 500.000 anni fa, oltre a ossa di animali, oggetti in pietra per tagliare e raschiare, resti di focolari, che rappresentano la più antica prova dell'uso del fuoco da parte dell'uomo (se si escludono alcune testimonianze, limitate e alquanto controverse, provenienti dall'Africa). Nell'Asia centrale o sudorientale sono stati trovati i più antichi resti di Homo erectus, databili a 1.800.000 anni fa. Scarsi sono i dati che indicano la presenza di gruppi di cacciatori-raccoglitori del tardo Pleistocene: solo a nord si è trovato qualche sito, come Sjaraosso-gol, in un'area che circa 30.000 anni fa era abitata da gruppi che vivevano in tende vicino a fonti d'acqua e si servivano di utensili in pietra. Dopo questo periodo tali insediamenti si diffusero soprattutto nel Sud, dove gli abitanti dapprima sfruttarono piante e animali lacustri e in seguito passarono presto a un’economia basata sull'agricoltura.
La prima coltivazione agricola di cui si ha notizia fu impiantata in Cina in un periodo compreso tra il 7000 e il 5500 a.C., nella valle dello Yangtze, a Pongtonshan; tra il 5000 e il 3000 ca. a.C. fiorì la cultura Ma-xia-pang nella regione del lago Tai-hu, a est di Shanghai, dove sono state individuate abitazioni rettangolari in legno raggruppate su alture o su collinette artificiali nei pressi di corsi d'acqua. Vi si coltivavano riso, tribolo e zucche; sebbene le attività di caccia e di raccolta fossero ancora importanti, si diffuse tuttavia anche l'allevamento di cani, bufali e maiali. Oltre ai consueti oggetti in pietra sono state trovate asce, zappe d'osso, vasellame e utensili in legno, bambù e corno. Nello stesso periodo, in una regione paludosa a sud di Shanghai si era sviluppata la cultura Ho-mu-tu, caratterizzata dall’uso di palafitte di legno e dalla produzione di vasellame con motivi a cordone, di cui sono state trovate varianti in tutta la Cina. Nel 5000 a.C. a Taiwan una civiltà simile si fondava sulla pesca, sulla raccolta di crostacei e sull'agricoltura. L’agricoltura si diffuse intorno al 3000 a.C. nel Sud e nell'Est della Cina, dove gli scavi di necropoli hanno rivelato l'esistenza di società divise in classi, che sopravvissero fino all'età del Bronzo.
Nella valle del Fiume Giallo, nel Nord-Ovest della Cina, sono stati trovati villaggi della cultura Yang Shao (che potrebbero risalire al IV millennio a.C.): i loro abitanti si nutrivano di piante e di animali selvatici, ma coltivavano anche miglio e allevavano cani e maiali. Oltre all'agricoltura, la popolazione si dedicava all'allevamento dei bachi da seta, alla tessitura, all'intaglio della giada e, nelle fasi successive, alla produzione di ceramica decorata; data l’omogeneità dei manufatti, si ipotizza l’esistenza di associazioni di artigiani specializzati. In seguito a complessi cambiamenti sociopolitici, fiorì nella Cina settentrionale la cultura di Longshan, caratterizzata da insediamenti più grandi e stabili: le ampie mura delle città indicherebbero frequenti conflitti, confermati anche dalla presenza di numerose armi. Per la prima volta si hanno tracce di una sorta di sistema di scrittura (simboli su ossa divinatorie); l’alta qualità artistica degli oggetti, tra cui la fine ceramica nera, e i ricchi corredi funebri suggeriscono una società socialmente stratificata.
La cultura di Longshan lentamente si evolse nella prima civiltà cinese, che comprende le dinastie Xia e Shang. La maggior parte delle informazioni su questo periodo proviene dai siti nei pressi di Zhenzhou. Presso Anyang, gli scavi condotti nel centro amministrativo e rituale di Xiaotun e nella necropoli reale di Xibeigang hanno portato alla luce splendidi prodotti artistici che testimoniano del potere politico ed economico della nobiltà Shang. I tratti essenziali della civiltà cinese erano già emersi al momento in cui, verso la fine del I millennio a.C., si affermò la dinastia Zhou (vedi Arte cinese).

Altri paesi asiatici
Nonostante i resti fossili di Homo erectus risalenti a 1.800.000 anni fa, trovati a Giava, i rinvenimenti archeologici databili a questo periodo si limitano a poche asce e coltelli, appartenuti a gruppi di cacciatori-raccoglitori. In tutta l’area indonesiana, tra 15.000 e 10.000 anni fa le popolazioni vivevano delle piante selvatiche, come l'igname, il taro e il riso selvatico, e veniva praticata saltuariamente anche la caccia. Nella "caverna degli spiriti", in Thailandia, sono stati trovati asce di pietra, vasellame e un tipo di coltello in ardesia (che, più tardi, appare associato alla coltivazione del riso), appartenenti a un gruppo di cacciatori-raccoglitori risalenti a un’epoca compresa tra il 7000 e il 5700 a.C. Non è stata tuttavia rintracciata alcuna diretta traccia certa di coltivazioni di cereali. Anche la comparsa della metallurgia in Thailandia rimane un problema controverso. Sofisticate asce in bronzo trovate nella necropoli di Non Nok Tha e inizialmente datate al 3700 a.C. sono ora attribuite al 2000-1000 a.C., e ugualmente dubbie sono le cronologie dei reperti in metallo provenienti dalla necropoli di Ban Chiang. Recenti scavi a Non Pa Wai, nel Nord-Est del paese, hanno rivelato un'attività di fusione del rame risalente a prima del 2000 a.C. Oggetti in bronzo simili, fatti risalire al II millennio a.C., sono stati trovati anche in Vietnam.
I primi insediamenti in Giappone risalgono al Pleistocene; oggetti in pietra simili a quelli delle altre culture asiatiche coeve sono stati trovati in numerose località. Dopo il 1100 a.C., gruppi di cacciatori-raccoglitori, noti con il nome di Jomon, iniziarono la coltivazione di riso e orzo; vivevano in piccoli villaggi di case semisotterranee, dove si è trovato vasellame databile al 14.000 a.C., il più antico conosciuto. Di fattura estremamente fine, ma risalente al 5000 a.C., lo stesso tipo di vasellame Jomon è stato trovato sull'isola di Honshu in vasti villaggi di abitazioni di legno. Al periodo Jomon, durato fino al 350 a.C., seguì il periodo Yayoi, durante il quale si andò formando la cultura giapponese (vedi Arte giapponese).

Le Americhe
Le ricerche archeologiche condotte nel Nuovo Mondo hanno rivelato cinque stadi successivi nella storia dell'uomo nel continente americano, detti litico, arcaico, formativo, classico, post-classico.

Lo stadio litico
Lo stadio più remoto cominciò con l'arrivo (forse 50.000 anni fa) di cacciatori asiatici, probabilmente di razza mongola, attraverso lo stretto di Bering. L'evidenza archeologica suggerisce l'esistenza di quattro ondate migratorie, sebbene gli studi linguistici sulle tribù moderne ne ipotizzino tre. Gli archeologi sono divisi sull'epoca dell'arrivo dei primi abitanti del continente americano: alcuni sostengono che non vi siano prove certe di presenza umana prima di 11.500 anni fa, data attribuita alle punte di lancia trovate presso Clovis (New Mexico); per altri le testimonianze di siti come il rifugio di Meadowcroft (Pennsylvania) e Monte Verde (Cile) – fatti risalire rispettivamente a 16.000 e 13.000 anni fa – indicherebbero una presenza preclovisiana.
Gli sporadici reperti del periodo litico (utensili) mostrano il passaggio, nel corso di 20.000 anni, dall’uso della pietra e dell’osso scheggiato alla produzione di lame lavorate su due facce, fino alla diffusione delle punte affusolate utilizzate (sino alla fine del Pleistocene) dalle popolazioni di Clovis per uccidere mammut e altra grande selvaggina; in alcune aree, come nella Terra del Fuoco, lo stadio litico è tuttavia durato fino in epoca storica.

Lo stadio arcaico
Con l'estinzione dei grandi animali del Pleistocene molti gruppi divennero raccoglitori, sviluppando uno stile di vita regolato dalle stagioni. Nelle regioni orientali degli Stati Uniti, tra 9000 e 4000 anni fa si insediarono lungo i fiumi gruppi che cacciavano con frecce lanciate da particolari propulsori, praticavano la pesca con reti e raccoglievano semi che poi macinavano con pietre. Simili a questi gruppi erano i raccoglitori delle foreste del Canada e dell'Alaska, anch'essi originari dell'Asia, che rappresentano una civiltà a sé nell'area settentrionale dell'America del Nord. Tra i loro utensili più caratteristici vi sono piccoli oggetti taglienti simili a reperti trovati in Siberia, in Mongolia e in Giappone.
Durante lo stadio arcaico si diffusero tra le popolazioni della costa stili di vita simili, come mostrano i numerosi ritrovamenti di tumuli di conchiglie. Tuttavia è possibile anche riscontrare numerose differenze regionali tra le civiltà sviluppatesi vicino agli oceani: i popoli del Pacifico nordoccidentale usavano l'ardesia levigata e costruivano imbarcazioni; in California si affermarono gruppi di raccoglitori di semi e crostacei; sulla costa atlantica del Nord America le popolazioni usavano pugnali d'osso e ardesia levigata e seppellivano i morti con complesse cerimonie; le genti nell'America centrale costruivano barche con le quali potrebbero aver raggiunto le Antille; in Perù erano abitati alternativamente i villaggi delle regioni interne e quelli delle zone costiere, a seconda delle stagioni.
Alcune analogie legano tra loro anche le popolazioni delle regioni desertiche sudoccidentali degli Stati Uniti e degli altipiani del Messico e del Perù. In origine raccoglitori, molti gruppi furono stimolati dalle condizioni ambientali a coltivare la terra; l’affermarsi dell’agricoltura portò alla fondazione di villaggi stabili, nei quali fu inaugurata la produzione di vasellame, anticipando due aspetti caratteristici dello stadio successivo, il periodo formativo.

Lo stadio formativo
Una prima fase, nota come woodland stage, si sviluppò nelle regioni orientali del Nord America tra il 500 a.C. e il 1000 d.C.; era caratterizzata da complessi cerimoniali, dall’uso di tumuli sepolcrali e dalla produzione di vasellame non cotto. A questo periodo seguì, soprattutto nel Sud-Est degli Stati Uniti, una sottofase in cui si verificarono notevoli progressi nell'agricoltura e nella lavorazione del vasellame, e si innalzarono palizzate a protezione dei villaggi. La cultura forse più tipica è quella dei pueblo del Sud-Ovest americano, che coltivavano grano, fagioli e meloni e producevano vasellame policromo o decorato in bianco e nero con motivi geometrici. Contemporaneamente, nelle regioni orientali degli Stati Uniti vi erano popolazioni che usavano vasellame non decorato, praticavano un'agricoltura di sussistenza e vivevano in abitazioni di legno.
Tra i popoli delle Grandi Pianure degli Stati Uniti e del Canada lo stadio formativo cominciò più tardi che altrove, addirittura nell'era cristiana. Queste popolazioni utilizzavano vasellame non cotto né decorato, ma non praticavano l'agricoltura, basando la propria sussistenza sulla caccia al bisonte. Solo lungo il fiume Missouri si svilupparono grandi villaggi agricoli prima dell'epoca storica. Il vero stadio formativo si ritrova soprattutto in America centrale, in un'area estesa dal Messico al Perù, dove le popolazioni fondarono villaggi, costruirono piramidi, realizzarono vasellame finemente dipinto e statuette d'argilla. Nell'area centrale queste culture sfociarono nelle complesse civiltà degli stadi successivi, mentre nelle zone periferiche – l'Amazzonia, il Cile settentrionale, l'Argentina – si protrassero fino all'epoca storica.

Lo stadio classico
Nelle regioni comprese tra il Messico e il Perù emersero culture più complesse, capaci non solo di costruire villaggi, ma anche di innalzare città, che necessitavano di un'organizzazione politica e di una precisa divisione del lavoro. I diversi popoli si specializzarono in particolari produzioni: in Perù si diffuse la tessitura, in Colombia e Centro America si sviluppò la lavorazione del metallo, in Guatemala e in Messico si raggiunsero vette artistiche nella scultura e nell'architettura in pietra. Tali trasformazioni ebbero luogo tra l'inizio dell'era cristiana e il 700-1000, protraendosi nell'America centrale e nelle regioni settentrionali del Sud America fino alla conquista spagnola.

Lo stadio postclassico o imperiale
Solo nell'America centrale, in Messico, in Guatemala e nella regione andina (Perù, Bolivia settentrionale, Ecuador meridionale), questo sviluppo storico raggiunse lo stadio finale, caratterizzato dal consolidarsi di organismi statali. Gli esempi più significativi sono rappresentati dagli aztechi (preceduti da olmechi e toltechi) in Messico e dagli inca in Perù, che seguirono a chimá e huari; altri gruppi importanti dell'America centrale furono i mixtechi e i maya. Tutte queste civiltà si identificarono in stati nazionali, eressero città, elaborarono una divisione specializzata del lavoro, conobbero un’articolata stratificazione sociale, utilizzarono sistemi di scambio, ebbero un’economia complessa, svilupparono un’architettura monumentale, idearono sistemi di calcolo e si dedicarono all’agricoltura intensiva. Queste culture, che costituiscono l'apogeo dello sviluppo storico del Nuovo Mondo, ebbero termine con la conquista spagnola, nel XVI secolo (vedi Arte precolombiana; Indiani d'America.

Africa
L'Africa subsahariana è costellata di migliaia di siti abitativi che risalgono agli albori della storia dell’uomo, che tuttavia forniscono poche informazioni certe circa la loro origine e il loro sviluppo, poiché le costruzioni erano realizzate in materiali deperibili (legno e mattoni crudi) di cui non è rimasto quasi nulla. Tranne che in Etiopia, nello Zimbabwe e nell'Africa orientale, gli archeologi devono dunque confrontarsi con una documentazione estremamente ridotta. Nel 1974 sono stati trovati in Etiopia resti dei più antichi antenati dell'uomo (tra cui lo scheletro incompleto di Lucy, una femmina di Australopithecus afarensis, la specie di scimmia umanoide vissuta 3.180.000 anni fa) e nel 1984 in Kenya è stato rinvenuto lo scheletro di un giovane Homo erectus risalente a 1.600.000 anni fa. Centinaia di siti dell'età della Pietra sono stati localizzati in tutto il continente, ma pochi sono stati studiati approfonditamente. Per determinare l'età degli utensili e dei resti di ominidi scoperti nella gola di Olduvai (Kenya) e a Hadar (Etiopia) è stato usato il metodo del potassio-argon (vedi Metodi di datazione).
La scoperta di siti dell'età del Ferro nell'Africa meridionale (XI-XIII secolo) ha rivoluzionato le conoscenze circa la cultura bantu, attestando scambi di oro e avorio con la costa orientale. Il sito di Broederstroom nel Transvaal sudoccidentale mostra tracce delle relazioni un tempo esistenti tra i bantu e i khoisan (IV-VII secolo); di grande interesse sono stati anche gli scavi di Lydenberg, che hanno portato alla luce diverse teste di terracotta (V-VIII secolo). Altri siti, come Mzonjani (Natal, III secolo), Phalaborwa (Transvaal, VIII secolo) e Toutesewemogale (Botswana, VII secolo) testimoniano di una diffusa attività di lavorazione del ferro e del rame, e dell'importanza dell'allevamento. Solo in pochi resti di insediamenti della tarda età del Ferro sono stati riconosciuti elementi di edifici o monumenti in pietra: si ricordano ad esempio gli scavi di Axum (Etiopia) e quelli dello Zimbabwe meridionale, dove sono emerse rovine di fortezze e villaggi. Grande Zimbabwe, la città costruita dalle popolazioni shona e rozwi (XI-XVIII secolo), è il migliore esempio di architettura in pietra a sud del Sudan, con le sue enormi mura, gli edifici comunicanti tra loro e le caratteristiche torri coniche. Anche i musulmani hanno lasciato costruzioni in pietra nell'Africa orientale, ad esempio nella città abbandonata di Gedi (XI-XVI secolo), in Kenya.
I ritrovamenti archeologici nel resto dell'Africa sono stati molto modesti. Nelle località dove si ritiene fossero le capitali dei regni del Ghana e del Kanem sono state trovate in effetti fondamenta di edifici; mentre gli scavi nei numerosi cerchi di pietre in Senegal e Gambia hanno portato alla luce resti umani e oggetti databili al XIV secolo. Le scoperte nella Nigeria settentrionale hanno permesso di ricostruire parzialmente la cultura Nok (500 a.C. - 300 ca. d.C.); mentre a Ife sono state rinvenute statue in terracotta, pietra e bronzo, e prodotti di artigianato che confermano l'elevata cultura degli yoruba. Infine, i ritrovamenti a Igbo-Ukwu nel 1959 hanno provato l'esistenza di un regno nella Nigeria meridionale, sopravvissuto fino al IX secolo d.C.: manufatti in bronzo rinvenuti nel corso di scavi nel Benin risalgono a una fase di questo regno databile a partire dal XIV secolo (vedi Arte africana).



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