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- Materie : : : Giurisprudenza

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1. Introduzione
La Giurisprudenza, in senso ampio, è la conoscenza del diritto e la sua interpretazione. In senso più tecnico, si definisce "giurisprudenza" (dal latino jus "diritto" e prudentia "conoscenza") l'insieme delle sentenze e delle decisioni emesse dagli organi dell'autorità giudiziaria di uno stato.
Nell'antica Roma erano chiamati juris prudentes gli esperti di diritto che erano in grado di risolvere una controversia e jurisprudentia era l'insieme delle norme che risultavano dalla loro interpretazione. Nel diritto moderno di Francia, Spagna e Italia i termini "jurisprudence", "jurisprudencia" e "giurisprudenza" sono usati per indicare l'insieme delle norme formulate dai giudici dello stato nel risolvere le controversie. In taluni casi la legge scritta (codice), formulata in termini generali, non offre soluzioni adeguate per decidere chi tra i litiganti abbia ragione o torto; il giudice deve allora costruire una norma per risolvere il singolo caso: questa norma non ha il valore di una legge ma è un precedente che può influenzare le decisioni successive di altri giudici in casi simili.
Nel mondo anglosassone il termine jurisprudence ha invece il significato di filosofia del diritto.

2. Il Codice civile
Il Codice civile è il testo legislativo che regola i rapporti giuridici privati. Il primo codice civile dell'Italia unita fu emanato nel 1865, e traeva ispirazione dal Codice napoleonico francese. Il codice civile vigente fu emanato nel 1942, durante il regime fascista. L'idea di promulgare un codice in piena guerra non fu particolarmente felice, ma il problema fu superato senza ricorrere alla codificazione di un nuovo testo, bensì limitandosi a inserire nel testo esistente le nuove leggi; pratica che ha portato, peraltro, a una profonda modifica della struttura originaria del codice del 1942. Queste modifiche hanno riguardato ad esempio l'area del diritto di famiglia, l'area del rapporto di lavoro subordinato, la disciplina delle società ecc.
Il codice civile, avendo efficacia di legge ordinaria dello stato, può essere modificato da leggi successive ed è comunque sempre soggetto al controllo di conformità ai principi della Costituzione. Il codice è composto da un primo insieme di norme che sono le "Disposizioni sulla legge in generale", dette preleggi, e da sei libri. Ogni libro è diviso in capi, ogni capo in sezioni. Gli articoli sono complessivamente 2969 e i libri sono intitolati rispettivamente: "Delle persone e della famiglia", "Delle successioni", "Della proprietà", "Delle obbligazioni", "Del lavoro", "Della tutela dei diritti".
Il codice civile è il prodotto di una tecnica legislativa, detta codificazione, che gli attribuisce il carattere di fonte di diritto generale in contrapposizione alle altre leggi, che vengono definite fonti di diritto speciale in quanto, appunto, speciali rispetto al codice. rxfastfind.com

Codice di procedura civile
Testo legislativo che disciplina le norme relative al processo civile. L'attuale codice di procedura civile entrò in vigore nel 1942 in sostituzione di quello previgente del 1865. È suddiviso in quattro libri intitolati rispettivamente "Disposizioni generali", "Del processo di cognizione", "Del processo di esecuzione", "Dei procedimenti speciali".
Il codice di procedura civile del 1942 ha subito una prima modifica con la legge n. 581 del 1950 e una seconda recente con la legge n. 353 del 1990 intitolata "Provvedimenti urgenti per il processo civile"; in seguito è stato nuovamente modificato dal d.l. n. 238 del 1995. La nuova disciplina regola integralmente solo le cause entrate in vigore dopo il 30 aprile 1995, mentre per quelle iniziate dopo il 1 gennaio 1993 l'applicazione della nuova disciplina è solo parziale. Le linee principali di questa riforma possono essere individuate in una certa rivalutazione del giudizio di primo grado; nella riforma del giudizio d'appello; nella integrale separazione del giudizio del pretore rispetto a quello del giudice di pace e nella possibilità di emanare provvedimenti aventi un'efficacia anticipatoria rispetto alla conclusione del procedimento.

3. Il Codice penale
Il Codice penale è il testo legislativo che contiene i principi del diritto penale e la descrizione delle varie fattispecie di reato. In Italia, il codice penale vigente, entrato in vigore il 1° luglio 1931, è il cosiddetto "codice Rocco" (dal nome del suo compilatore, l'allora ministro della Giustizia Alfredo Rocco).
Dal punto di vista formale si presenta suddiviso in tre libri, rispettivamente "Dei reati in generale", "Dei delitti in particolare" e "Delle contravvenzioni in particolare". Tale ripartizione riprende quella del codice previgente, ma diverge da quest'ultimo per la più complessa organizzazione sistematica degli articoli e per il numero nettamente superiore degli stessi (734 articoli rispetto ai 498 del codice Zanardelli). La novità più importante del codice Rocco è il fatto che nella parte generale è stato inserito un titolo dedicato al reato e ai numerosi modi di attuazione dello stesso. Titoli nuovi sono anche quelli relativi alle sanzioni civili del reato penale e il titolo relativo alle misure di sicurezza. Il codice penale vigente è stato elaborato e approvato sotto il regime fascista, della cui ideologia risente soprattutto nella parte speciale, improntata a una concezione autoritaria dello stato. Alla luce di ciò, il codice Rocco ha subito una serie di modifiche volte a eliminare gli aspetti di impronta antidemocratica. Tra gli interventi riformatori più importanti vi sono il D.L.L. 10 n.222 del 1944 con il quale è stata abolita la pena di morte per i reati comuni (con l'entrata in vigore della Costituzione, nel 1948 fu abolita la pena di morte anche per i reati previsti da leggi speciali); la legge n.127 del 1958 ha riformato la normativa relativa alla responsabilità per i reati commessi a mezzo stampa; infine, un intervento di grande importanza è stato quello posto in essere con la legge n. 689 del 1981 in materia di depenalizzazione delle contravvenzioni punite con la pena dell'ammenda.

Codice di procedura penale
Testo legislativo che disciplina lo svolgimento dei processi penali. L'attuale codice di procedura penale è entrato in vigore il 24 ottobre 1989 in sostituzione del precedente codice che era entrato in vigore nel 1931, in pieno fascismo.
La riforma ha sostituito un procedimento decisamente orientato in senso inquisitorio con un procedimento ispirato al sistema accusatorio, nel quale sia il ruolo delle parti sia quello del giudice sono profondamente mutati. È stata così creata una situazione maggiormente equilibrata nella quale le parti si trovano poste sullo stesso piano. Il giudice, posto in una posizione di terzietà rispetto alle parti, ha dunque la possibilità di svolgere un'effettiva funzione di controllo e garanzia sulle iniziative prese da entrambe le parti.

4. Diritto Romano
PIl Diritto Romano è l'ordinamento giuridico dei romani così come si sviluppò a partire dalla legge delle Dodici Tavole (451-450 a.C.), il primo codice romano, fino alla morte di Giustiniano (565), imperatore di Bisanzio che ordinò la codificazione giuridica nota come Corpus iuris civilis (o anche Codice giustinianeo), posta alla base del diritto civile di gran parte dei paesi dell'Europa continentale.

Il Diritto Romano Arcaico
Prima delle Dodici Tavole, il diritto romano aveva carattere religioso e la sua interpretazione era affidata a sacerdoti di estrazione patrizia. In seguito alla rivolta della classe meno abbiente dei plebei, le antiche consuetudini vennero però codificate assieme ad alcuni principi giuridici inediti in un nuovo codice, approvato dall'assemblea popolare e considerato fonte del diritto pubblico e privato. Il codice, che prevedeva norme adeguate a una società prevalentemente agricola, stabiliva inoltre l'eguaglianza tra patrizi e plebei. Il diritto romano di questo periodo, applicabile solo ai cittadini romani, è noto con il nome di jus civile.

La diffusione del Diritto Romano
Con l'espansione nel bacino del Mediterraneo, i romani sentirono l'esigenza di un ordinamento giuridico diverso, applicabile anche a chi fosse privo della cittadinanza romana. Questo nuovo diritto si formò progressivamente, tra il 367 a.C. e il 137 d.C., per opera dei pretori, magistrati incaricati di risolvere sia le controversie tra i cittadini sia le dispute tra cittadini romani e stranieri. Durante gli ultimi cent'anni della repubblica, le norme del nuovo ordinamento creato dal pretore per le cause tra romani e stranieri (il cosiddetto jus gentium) divennero infine applicabili anche alle controversie tra cittadini romani. Nel 212 d.C., data in cui la cittadinanza romana fu estesa a tutti gli abitanti dell'impero romano, la distinzione tra jus gentium e jus civile fu, quindi, superata e lo jus civile di Roma divenne il diritto dell'impero. A rendere uniforme il diritto nelle differenti province contribuirono la legislazione (del senato e dell'imperatore) e l'opera dei giuristi.
Il più significativo sviluppo del diritto romano di questo periodo fu l'introduzione dello jus respondendi, ossia il diritto, conferito dall'imperatore Augusto ai maggiori giuristi del tempo, di formulare risposte (in latino responsa), in forma di pareri tecnici, su questioni giuridiche controverse. Fra i più importanti giuristi del periodo, oltre a Gaio, si ricordano Papiniano, Paolo e Ulpiano, che rivestirono successivamente la carica di praefectus praetoria, equivalente nell'impero romano a quella di un attuale ministro della giustizia.

Il primo Codice Ufficiale
Nel diritto romano del III secolo le costituzioni degli imperatori assunsero progressivamente maggiore importanza e furono ufficialmente codificate nel Codice Teodosiano, emanato nel 438 da Teodosio II, imperatore di Bisanzio. Questi intraprese inoltre il progetto di una grande raccolta ufficiale del diritto romano più antico, progetto che fu portato a termine dall'imperatore Giustiniano I, il quale costituì un comitato scientifico di diciassette giuristi, diretti da Triboniano. L'opera di Giustiniano, nota come Corpus iuris civilis, è divisa in cinque volumi e raccoglie il Digesto o Pandette (530-533), che occupa i primi tre volumi, le Istituzioni (533), il Codice delle costituzioni (528-529; riveduto nel 534), le Novelle (534-565).
Il Digesto è una raccolta di frammenti di opere dei giuristi romani vissuti tra il 30 a.C. e il 300. Le Istituzioni, concepite per l'insegnamento ma pubblicate ufficialmente come leggi, contengono gli elementi del diritto romano e sono basate sulle Istituzioni del giurista Gaio. Le Novelle sono una raccolta di leggi emanate da Giustiniano e dai suoi successori. La versione riveduta del Codice delle Costituzioni è una raccolta completa della legislazione imperiale fino al 534 d.C.
Il diritto di Giustiniano rimase in vigore nell'impero bizantino fino al termine del IX secolo, quando fu redatta una sintesi in lingua greca, intitolata Basilica, a sua volta formalmente in uso fino al 1453, anno in cui i turchi presero Costantinopoli. Nell'Europa occidentale, tra il VI e l'XI secolo, la principale fonte del diritto romano fu invece il Breviario di Alarico, compilato da Alarico II, re dei visigoti, nel 506.
L'importanza dei libri di Giustiniano è stata tale che, ancora nell'XI secolo, erano oggetto di studio in Lombardia, nella Francia meridionale e a Barcellona. In Italia il codice giustinianeo veniva infatti insegnato all'Università di Pavia e all'Università di Bologna dove, agli inizi del XII secolo, s'inaugurò uno studio sistematico più approfondito del diritto romano, che da allora si diffuse in tutta Europa anche nei secoli successivi. Con la rinascita del commercio e la crisi del diritto medievale, inadeguato rispetto alle nuove condizioni economiche e sociali dell'Europa, il diritto romano fu incorporato negli ordinamenti giuridici di gran parte dei paesi dell'Europa continentale.



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