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: : Sabato 12 Giugno 2004 : :
MICHELANGELO
Il Giudizio universale e la Cappella Paolina
Le trattative per la decorazione della parete di fondo della Cappella Sistina principiate sotto Clemente VII trovano consenziente anche il nuovo pontefice Paolo III Farnese. Il tema del Giudizio universale deve apparire drammaticamente attuale in una città che è al centro delle polemiche protestanti e che porta ancora i segni del Sacco del 1527.
Lontana dall’iconografia tradizionale, che prevede una rappresentazione gerarchica dei beati e dei dannati, l’opera michelangiolesca è popolata da una folla disordinata di corpi possenti. All’impalcatura architettonica della volta si contrappone qui la più completa assenza di indicazioni spaziali; la vasta composizione (ottenuta dal sacrificio degli affreschi di Pietro Perugino e delle lunette realizzate qualche decennio prima dallo stesso Michelangelo) è imperniata esclusivamente sul gesto imperioso del Cristo che con la destra salva i beati e con la sinistra condanna i peccatori a un’inesorabile discesa. Inaugurata fra lo stupore e la meraviglia generale nel 1541, l’opera viene aspramente criticata dagli interpreti più intransigenti delle norme controriformistiche.
Intimo amico della marchesa Vittoria Colonna e frequentatore della cerchia di Viterbo, Michelangelo condivide le posizioni del cattolicesimo protestante piuttosto che la condanna senza appello delle istanze riformiste, decretata nel corso del Concilio di Trento. Insofferente a qualsiasi restrizione della propria coscienza critica, egli vive la crisi del suo tempo nei termini di un lacerante conflitto interiore.
Gli affreschi realizzati per la cappella privata di Paolo III costituiscono l’ultimo impegno pittorico di grande respiro di Buonarroti e l’esito finale delle riflessioni iniziate nel Giudizio sulla presenza del divino nella vita del cristiano. Se nella Conversione di san Paolo (15421545) Cristo è ancora protagonista della narrazione irrompendo dai cieli fra il clamore generale, nel Martirio di san Pietro (1546-1550) egli è invece drammaticamente assente: il sacrificio dell’apostolo appartiene a una dimensione esclusivamente terrena.
L’inizio dei lavori della Cappella Paolina coincide con la stipula dell’ultimo contratto per la tomba di Giulio II. Caduta definitivamente la possibilità di realizzare il dispendioso progetto d’inizio secolo, dalla morte del pontefice (1513) Michelangelo intrattiene lunghe e infruttuose trattative con gli eredi Della Rovere. Pur avendo tentato in più occasioni di sottrarsi a quell’impegno che considera pari a una condanna, nel corso degli anni il maestro deve produrre diverse soluzioni alternative, tutte tese a ridimensionare la portata dell’idea originaria. Organizzata secondo la tipologia prettamente cristiana della tomba a parete, l’opera realizzata nella Chiesa romana di San Pietro in Vincoli è notevolmente impoverita negli apparati scultorei: solo il monumentale Mosè, scolpito nel 1513 e collocato come figura centrale, ricorda la magnificenza dei primi disegni. Rimangono inutilizzati invece lo Schiavo morente e lo Schiavo ribelle (1513-1516, oggi al Louvre), nonché i Prigioni dell’Accademia di Firenze, le quattro colossali figure che costituiscono gli esempi più noti e affascinanti del "non finito" michelangiolesco. Nel corso degli anni ’30 e ’40 Michelangelo si dedica con crescente intensità all’attività poetica, arrivando a progettare la pubblicazione di un Canzoniere nel 1547. I componimenti giovanili lasciano il passo ai toni cupi delle opere ma
ture, in cui confluiscono sia l’amarezza per una serie di vicissitudini personali sia la consapevolezza del fallimento degli ideali umanistici.
Tale consapevolezza si traduce anche in un graduale abbandono della pittura e della scultura - le arti mimetiche per eccellenza a favore dell’architettura. sundrugstore.com
Michelangelo architetto della Roma pontificia
Già dal 1537 al 1538 il Buonarroti è coinvolto nei lavori di sistemazione del Campidoglio promossi da Paolo III. Sede del potere politico cittadino, il complesso capitolino presenta un assetto disomogeneo poco consono al prestigio delle ricorrenze che vi si celebrano. Assumendo come fulcro della composizione la statua bronzea di Marco Aurelio, traslata dal Laterano per volere del pontefice, progettando una nuova veste per gli edifici preesistenti e costruendo un edificio simmetrico al palazzo dei Conservatori, Michelangelo disegna uno spazio trapezoidale perfettamente regolare sia in pianta che in alzato.
Nominato supremo architetto, scultore e pittore del Vaticano, alla morte di Antonio da Sangallo il Giovane nel 1546 il Buonarroti eredita la direzione dei principali cantieri romani.
Se nel completamento del palazzo privato del pontefice Michelangelo valorizza l’operato del suo predecessore, in qualità di architetto della basilica di San Pietro in Vaticano egli assume una posizione di netta antitesi.
Consapevole delle violente critiche mosse alla gestione dell’importante impresa, il maestro ridimensiona fortemente l’articolato e costosissimo progetto del Sangallo. Dopo aver estromesso dal cantiere i collaboratori dell’ingegnere toscano, Michelangelo non esita a demolire buona parte delle strutture già edificate, onde ricondurre la pianta alla croce greca con i bracci absidati del proprio disegno: recuperare la planimetria centralizzata del disegno elaborato da Bramante significa, secondo Michelangelo, riappropriarsi dell’unica "verità" progettuale possibile per la più importante chiesa della cristianità. L’edificio si sviluppa in alzato mediante plastiche membrature che conferiscono un andamento estremamente mosso all’architettura. L’esterno mantiene inalterata la forza espressiva dell’idea michelangiolesca. In un drammatico crescendo d’intensità le forze che percorrono l’intera struttura prorompono nel dinamismo rotatorio della possente cupola di coronamento.
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