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L’altro rinascimento: arte tedesca e arte fiamminga
Nonostante la forza di attrazione esercitata in Europa dall’arte e dalle teorie artistiche italiane, in area nordica il superamento della tradizione tardogotica si attua all’interno di una concezione del mondo sostanzialmente antiumanistica, in netta contrapposizione con l’antropocentrismo della cultura classica.
Come ha osservato Giuliano Briganti, gli umori e le propensioni della cultura nordica, ricca di straordinari fermenti espressivi, si manifestano "in un realismo estraneo a ogni misurazione razionale dello spazio, sordo a ogni richiamo del classicismo, nemico di ogni idealizzazione della figura umana. Un realismo nato piuttosto da un rapporto vivissimo tra l’immaginazione più favolosa e l’attenta osservazione del mondo attraverso i sensi".
La rinascita dell’arte tedesca passa per le ricche città imperiali (Norimberga, Augusta, Basilea), i centri di vita spirituale (Wittenberg), le città danubiane (Vienna, Ratisbona e Passau), punti nevralgici di una produzione artistica che trova nell’illustrazione grafica, nell’arte sacra e nella pittura di paesaggio gli ambiti più congeniali a esprimere una diversa concezione estetica che solo nell’opera di Dürer si attua in una continua e consapevole dialettica con l’arte italiana e, attraverso questa, perfino con l’antico.
Già presso i contemporanei la fama e il prestigio di Albrecht Dürer, pittore, incisore e trattatista, si legano alla sua attività nel campo della grafica che, grazie alle sue innovazioni tecniche e iconografiche, raggiunge una dignità artistica pari a quella della pittura. Le stampe di Dürer, caratterizzate ora da un grafismo teso e vibrante, ora da un delicato pittoricismo, riflettono la molteplicità dei suoi interessi, inferiore solo a quella di Leonardo, la vastità della sua cultura, maturata a contatto con i cenacoli umanisti di Norimberga, e l’alta tensione spirituale di una ricerca a tutto campo sull’uomo e sulla natura.
L’aggiornamento di Dürer sulle novità dell’arte italiana - ampiamente documentato dagli studi sulle proporzioni umane e sulla prospettiva - non giunge mai ad alterare le radici nordiche del suo stile, saldamente ancorate a un realismo narrativo ed espressionistico di straordinaria forza e suggestione.
Ma il vertice dell’espressionismo tedesco è raggiunto da Mathias Grünewald, artista grandissimo e solitario, che nell’altare di Isenheim, in Alsazia, realizza "una fra le più atroci e crude rappresentazioni dell’arte occidentale", condensando nel dramma cupo e folgorante della Crocifissione tutto il travaglio spirituale di un’epoca e di un popolo.
Uno degli aspetti più tipici dell’arte tedesca del Cinquecento è rappresentato dall’interesse per la pittura di paesaggio, di cui si rintracciano le origini nelle opere giovanili di Lucas Cranach, ma che solo la vena mirabilmente fantastica di Albrecht Altdorfer saprà elevare a livello di forma artistica autonoma, capovolgendo il tradizionale rapporto tra uomo e natura, e rendendo quest’ultima protagonista assoluta della rappresentazione.
Nella nuova pittura di paesaggio, nata a contatto con gli straordinari scenari delle foreste danubiane, ogni rigore prospettico si scioglie per dar luogo a un sentimento panico e vitalistico della natura che sommerge l’uomo e quasi ne annulla la presenza. La stretta aderenza al vero, riflessa nella moltiplicazione dei particolari, si salda miracolosamente con lo slancio visionario di una fantasia fervidissima che dilata gli spazi oltre ogni limite e accende i colori d’improvvisi bagliori e misteriose luminescenze. Ne discende una visione favolosa e inquietante della natura, di timbro già romantico, che troverà ampio seguito negli artisti della scuola danubiana.
La tradizione nordica del paesaggio si afferma anche nei Paesi Bassi, dove opera Bruegel, il più grande pittore di paesaggio del Cinquecento. Nelle sue vedute a volo d’uccello, la rappresentazione della natura, indagata e descritta con precisione topografica, assume una dimensione epica e una vastità cosmica al di fuori da ogni logica spaziale. La maestà della natura diviene teatro della commedia umana, del vano affacendarsi di un microcosmo popolare e contadino sottomesso alle leggi della natura e vittima della propria stoltezza e della propria follia, incapace di costruirsi il proprio destino. Bruegel rappresenta l’altra faccia del rinascimento, la sfiducia, il pessimismo di chi osserva il mondo con disincanto e rassegnazione. aclepsa.com

Un destino segnato
Visto in prospettiva, il Cinquecento risulta fatale per le sorti dell’Italia, dove l’arte ufficiale, quella al servizio del potere, rimane legata al linguaggio aulico e illustre del classicismo almeno fino alla metà dell’Ottocento. L’eredità rinascimentale, accolta e gelosamente custodita, continuerà ad alimentare anche nel Seicento il mito di una bellezza antica e ideale, garantendo all’arte italiana un assoluto prestigio artistico e culturale. Tuttavia la dittatura del classicismo, e parallelamente del barocco, impedirà all’Italia di percorrere le strade più "moderne" del naturalismo che, dopo la parentesi caravaggesca, troveranno straordinari sviluppi nell’Olanda borghese e calvinista di Rembrandt e Vermeer.



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